A tu per tu con Zygmunt Bauman


Il sociologo Zygmunt Bauman, noto ai più come creatore del concetto di società "liquida", ha da poco compiuto 90 anni e rilasciato una intervista a El Pais (che trovate qui in italiano).
Avendo amato molto la sua opera, non posso però non notare - per quanto riguarda l'argomento "digitale" - una certa deriva davvero poco illuminante e non alla sua altezza.

ZB - "La questione dell’identità è stata trasformata in qualcosa a cui è stato dato un compito: è necessario creare la tua comunità. Ma non si crea una comunità, o ce l’hai o no; ciò che i social network possono creare è un sostituto. La differenza tra la comunità e la rete è che si appartiene alla comunità, ma la rete appartiene a voi. È possibile aggiungere amici e eliminarli, è possibile controllare le persone con cui siamo legati".
Che non si crei una comunità, che o ce l’hai o no, fa pensare alle comunità come preesistenti a tutto. Invece le comunità si creano, nascono vivono muoiono: per affinità, prossimità, bisogni, passioni ecc. Continuamente. Su internet come nella vita reale. Perché quello che ancora alcuni faticano a capire è che questa divisione tra il virtuale e il reale non esiste, se non per comodità di espressione (Pierre Levy). Ciò che è virtuale spesso diventa reale e viceversa, esattamente come spesso una corrispondenza di penna nell’800 diventava un’amicizia, un amore, un matrimonio o altro. Su internet sono nate migliaia di “comunità” che sono anche reali: fatte di rapporti umani, amori, interessi, passioni, bene comune, bene personale, aiuto, solidarietà, scambio, e tutte le variegate forme che le relazioni umane possono prendere.
ZB - "La gente si sente un po’ meglio, perché la solitudine è la grande minaccia in questi tempi di individualizzazione. Tuttavia nella rete è così facile aggiungere o eliminare gli amici che non abbiamo bisogno di abilità sociali. Queste si sviluppano quando sei per strada, o sul posto di lavoro, e incontri persone con le quali devi avere un’interazione ragionevole. Devi affrontare le difficoltà di coinvolgerli in un dialogo".
La solitudine non è la grande minaccia in questi tempi di individualizzazione: piuttosto, è la perdita di significanza nei tempi in cui l’aumento della popolazione è così smisurato, come non mai, a dare un senso di insignificanza, che atterrisce. Dunque l’individualizzazione è semmai la disperata ricerca di una qualche significanza, immersi come siamo in un mondo sempre più connesso e popoloso, dove - per un dato oggettivo e reale - ci ritroviamo a sentirci davvero molto piccoli.
ZB - "Il dialogo reale non è parlare con persone che la pensano come te. I social network non insegnano il dialogo, perché è così facile evitare le polemiche… Molte persone usano i social network non per unire e per ampliare i propri orizzonti, ma piuttosto, per bloccarli in quelle che chiamo zone di comfort, dove l’unico suono che sentono è l’eco della propria voce, dove tutto quello che vedono sono i riflessi del proprio volto. Le reti sono molto utili, danno servizi molto piacevoli, però sono una trappola”.
Molte persone sì fanno questo. Lo fanno sul web come nella vita. Frequentano sempre le stesse cerchie di persone, gli stessi club, le stesse famiglie. Da generazioni. L’apertura e la chiusura non sono certo prerogative del web. Anzi. Internet come strumento, semmai, almeno ti fornisce la possibilità di incontrare e relazionarti con chiunque. Usare o meno questa opportunità è una scelta.
Poi riesco bene a immaginare, quando dall’oralità si è passati alla civiltà del “libro”, tutti quelli che hanno gridato apocalitticamente al: "ecco! ora il dialogo si riduce a una faccenda solipsistica, di autoriflessione tra sé e sé".
La vera trappola per l'essere umano, io credo, è non comprendere la propria evoluzione: le necessità che la determinano e le molteplici strade che percorre, necessariamente nuove e per certi versi rischiose, ma che rispondono a problemi, bisogni e situazioni che prima non c'erano. Rimpiangere strumenti vecchi, o temere i nuovi, è comprensibile e anche umanamente condivisibile: ciò che non si deve mancare di fare però è dare il collegamento di necessità di ogni nuova "estensione dell'uomo" (come la chiamava McLuhan). Perché senza di quella la banalizziamo a futilità e vezzo accessorio: complicato, rischioso, addirittura catastrofico, e per di più senza senso. E invece non è così.

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