Il lato oscuro del digitale
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Un po' come sapere tutto di centinaia di tipi di inchiostro, ma non aver imparato a scrivere. Perché?
Un esempio. Il lato oscuro del digitale. Breviario per sopravvivere nell'era della rete, di Andrea Granelli. Un ragionamento pacato e sensato, che mette in guardia dai facili sensazionalismi da un lato, come dallo snobistico e terrorizzato neo luddismo dall'altro.
"Va sviluppata una sensibilità al digitale – una sorta di “digital awareness“, che è il prodotto non di una banale alfabetizzazione digitale ma di un vero e proprio percorso di e-ducazione al digitale".
Incontestabilmente vero: ma come? quale approccio si propone, al di là di un generico buon senso? Che non fa mai male, s'intende, eppure non ci vorrà qualcosa in più per alfabetizzarsi digitalmente? Ad esempio comprendere che siamo di fronte a un nuovo linguaggio e partire da lì.
E' corretto non focalizzarsi sugli strumenti, inseguire le tecnologie, hype-izzarsi, o al contrario scapparne, apocalittici o integrati.
Ma, oltre a dire cosa non va fatto, sarebbe da tempo il momento di raccontare, insegnare e imparare questo nuovo linguaggio, come a scuola abbiamo fatto con la scrittura (e, ahimé, non abbiamo fatto con l'audiovisivo e continuiamo a non fare con l'ipermedia).
Trenta anni fa si era cominciato, poi ci siamo più o meno fermati, paradossalmente. Perdendoci affannosamente all'inseguimento delle tecnologie. E' un po' come sapere tutto di centinaia di tipi di inchiostro, ma non aver imparato a scrivere.
Il vero lato oscuro del digitale è continuare a pensarlo (a partire dal nome "digitale") solo come supporto tecnologico, e non come nuovo linguaggio ("ipermedia"). Guardate qui La storia di due linguaggi a confronto. Non vi sembra?
Un po' come sapere tutto di centinaia di tipi di inchiostro, ma non aver imparato a scrivere. Perché?
Un esempio. Il lato oscuro del digitale. Breviario per sopravvivere nell'era della rete, di Andrea Granelli. Un ragionamento pacato e sensato, che mette in guardia dai facili sensazionalismi da un lato, come dallo snobistico e terrorizzato neo luddismo dall'altro.
"Va sviluppata una sensibilità al digitale – una sorta di “digital awareness“, che è il prodotto non di una banale alfabetizzazione digitale ma di un vero e proprio percorso di e-ducazione al digitale".
Incontestabilmente vero: ma come? quale approccio si propone, al di là di un generico buon senso? Che non fa mai male, s'intende, eppure non ci vorrà qualcosa in più per alfabetizzarsi digitalmente? Ad esempio comprendere che siamo di fronte a un nuovo linguaggio e partire da lì.
E' corretto non focalizzarsi sugli strumenti, inseguire le tecnologie, hype-izzarsi, o al contrario scapparne, apocalittici o integrati.
Ma, oltre a dire cosa non va fatto, sarebbe da tempo il momento di raccontare, insegnare e imparare questo nuovo linguaggio, come a scuola abbiamo fatto con la scrittura (e, ahimé, non abbiamo fatto con l'audiovisivo e continuiamo a non fare con l'ipermedia).
Trenta anni fa si era cominciato, poi ci siamo più o meno fermati, paradossalmente. Perdendoci affannosamente all'inseguimento delle tecnologie. E' un po' come sapere tutto di centinaia di tipi di inchiostro, ma non aver imparato a scrivere.
Il vero lato oscuro del digitale è continuare a pensarlo (a partire dal nome "digitale") solo come supporto tecnologico, e non come nuovo linguaggio ("ipermedia"). Guardate qui La storia di due linguaggi a confronto. Non vi sembra?
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